Non potevo crederci. Mi ero ripromessa che non avrei lasciato che quei fanatici della White Society mi catturassero di nuovo, ma non ero stata abbastanza forte da fronteggiare Ace in un duello. Non solo lui era almeno tre volte più forte di me, ma io non ero in grado di combatterlo. Lui non era mio nemico, anche se si ostinava a tenere le distanze, inoltre sentivo che c’era qualcosa che i univa. Non riuscivo a capire cosa fosse, ma sapevo che era quel “qualcosa” che mi impediva di combatterlo o di lasciare che altri miei compagni gli facessero del male. Sapevo che anche lui sentiva questo legame, altrimenti le sue azioni sarebbero state coerenti alle sue parole. Diceva di non essere mio amico, di non contare su di lui, eppure mi aveva aiutata a fuggire, messo in guardia più volte e non mi aveva ferita nemmeno quando aveva avuto l’ordine di catturarmi e portarmi da Soul. Le parole che mi aveva detto quando ci eravamo incontrati per la seconda volta mi riecheggiavano ancora nella testa e mi mettevano continuamente in guardia. “Gen, tu non dovresti essere qui, non dovresti più immischiarti nei suoi affari. Hai avuto l’occasione di uscirne illesa, ora non dovresti gettarla al vento. Devi nasconderti prima che ti trovi.” A quel punto aveva sospirato “ Ormai è perfetto, Gen. Non è detto che non funzioni anche su di te. Se continui a ficcare il naso in queste faccende te li strapperà via. Tutti quanti. E tu non potrai fare nulla. Hai mai visto un cercatore che è stato separato? Io sì, e non è un bello spettacolo. Nessuno vorrebbe ridursi così. E sai qual è la novità? Anche se per un istante, ho potuto vedere un titano che aveva subito la stessa sorte, ho sentito il suo lamento prima che scomparisse chissà dove. È stato atroce. Non devi finire così… se non vuoi farlo per te stessa, fallo almeno per i tuoi titani… va’ a nasconderti” aveva concluso il suo discorso, per poi scomparire con uno dei suoi poteri oscuri. Non l’avevo mai sentito parlare così tanto e ciò dimostrava quanto fosse preoccupato per me, anche se cercava di non farmelo notare. Nonostante ciò, io non l’avevo ascoltato, avevo continuato ad indagare e a combattere quel branco di maniaci bianchi un pezzo alla volta. Non sapevo spiegare perchè continuassi a lottare. Tutto ciò a cui tenevo era scomparso in quei secoli. Ormai non avevo più niente che valesse la pena di essere protetto, quello non sembrava neanche più il pianeta su cui ero nata. Mi dicevo che lo facevo perchè era giusto, perchè i cercatori non meritavano un destino crudele come quello che la society affibbiava ai suoi prigionieri, perchè Gwen, James, Alex, Xander e tutti i ragazzi che avevo incontrato non lo meritavano. Ma in realtà sapevo che lo facevo anche per Ace, perchè lui era prigioniero quanto lo ero stata io, solo che lui non aveva avuto la forza di mettere a repentaglio il legame con i suoi titani pur di sfidare John Soul e aveva optato per diventare un suo seguace e scongiurare quel crudele rituale almeno per un po’ di secoli. Non potevo biasimarlo. Da quello che mi aveva raccontato, lui al mondo non aveva mai avuto nessuno, i suoi titani erano la sua famiglia e non avrebbe mai messo a repentaglio la vita delle uniche creature che l’avevano amato.
Ed ora che mi trovavo di nuovo chiusa in quella cella, in attesa di scoprire se in rituale perfezionato potesse strapparmi via i miei titani, non avevo alcun rimpianto. Sapevo di aver combattuto con tutte le mie forze, di aver fatto la cosa giusta scegliendo di non scappare e nutrivo ancora una piccola speranza, sentivo che sarei riuscita a cavarmela anche in quella situazione. Giurai a me stessa che ne sarei uscita viva e illesa.
In quel momento la porta metallica della mia cella scricchiolò e si aprì. Una recluta vestita di bianco entrò e mi fece alzare di peso.
-È il tuo turno, dolcezza – disse con un ghigno malefico.
Gli lanciai un occhiata di ghiaccio, ma non potei far altro che seguirlo. Percorremmo un lungo corridoio. Sapevo dove portava, l’avevo percorso chissà quante volte in tutti quei secoli di prigionia ed esperimenti. Stavamo andando nella stanza del rituale.
-Fermo – disse ad un tratto una voce che mi sembrava di conoscere.
Non potei fare a meno di sorridere, quando vidi Ace sbucare da una delle porte laterali.
-Quella è una prigioniera pericolosa, me ne occupo io – disse al suo subordinato.
-Ho l’ordine di portarla nella sala del rituale – obbiettò quest’ultimo.
-Gli ordini sono cambiati. Tu va’ ad occuparti del prigioniero numero 95, a lei ci penso io – rispose Ace con tono autoritario.
-Signorsì – disse allora la recluta prima di allontanarsi con passo marziale.
Aspettai che se ne fosse andata, poi gettai le braccia al collo di Ace e lo strinsi forte.
-Che stai facendo? – chiese lui sbalordito, scostandomi. – che cos’era quello? – chiese poi sembrando leggermente frastornato.
-Era un abbraccio – risposi con naturalezza – servono agli amici per confortarsi a vicenda –
-Io non sono tuo amico – rispose prima di prendermi per un braccio e trascinarmi nella porta da cui era sbucato per prendermi in custodia.
La stanza in cui eravamo appena entrati sembrava essere la lavanderia della base: era pieno di ceste stracolme di divise bianche.
-Indossane una – mi disse Ace – sarà più facile farti uscire. –
-Voltati – gli dissi dopo aver afferrato una divisa da donna che fosse più o meno della mia taglia.
Lui arrossì leggermente, per poi girarsi con il viso verso la porta.
-Sapevo che mi avresti aiutata – gli dissi mentre mi sfilavo i miei vestiti.
-La tua fiducia è mal riposta – rispose lui piatto.
-Non è vero – ribattei.
-Come puoi dirlo? –
-Sei qui. E mi stai palesemente aiutando – lui non rispose e per qualche istante l’unico suono in quella stanza fu il fruscio dei vestiti.
-Perchè lo fai se non è perchè siamo amici? – gli chiesi allora.
Lui sembrò riflettere per qualche secondo, poi mi rispose – Io non sopporto di vederli strappati via – disse con voce incrinata – Non sopporto quello che fa loro. Tu sei il suo unico fallimento, l’unica che il suo orrendo rito non ha rovinato. Pensavo che liberandoti avrei lasciato a Soul il dubbio che il suo piano avrebbe sempre potuto fallire. Anche ora, se tu va via, lui non saprà se il suo rito è davvero perfetto. –
-È solo per questo? – chiesi un po’ delusa mentre mi calavo il cappuccio bianco della divisa sul volto – Non ti piaccio neanche un po’? –
-Dobbiamo andare – disse lui evitando di rispondermi.
Uscimmo nei corridoi e ci muovemmo tranquillamente senza insospettire minimamente i gruppi di seguaci bianchi che incontrammo, tuttavia io avevo comunque il cuore in gola. Se ci avessero scoperto, io sarei finita nella stanza del rituale a rischiare la vita e chissà cosa sarebbe successo ad Ace se fosse stato scoperto ad aiutare una prigioniera preziosa come me.
Fortunatamente fummo presto fuori dall’imponente edificio che era la base della White Society. Fuori, la Dimensione Nascosta non era cambiata dall’ultima volta che l’avevo vista. il terreno aveva l’aspetto desolato di un deserto roccioso, mentre il cielo era perennemente viola, solcato da malsane nubi luminescenti e verdognole.
-Corri – mi disse Ace mentre aumentava l’andatura.
Corremmo velocemente, per quanto ce lo permettessero le rocce che sporgevano dal terreno, finchè non fummo abbastanza lontani dalla base da non essere più visti.
Ace non riprese nemmeno fiato, impose una mano di fronte a sé, pronunciò una formula ed aprì un portale.
-Torna sulla terra e non farti più catturare – mi disse – Dammi retta questa volta e va’ a nasconderti-
-Sai che non lo farò – risposi.
-Non posso continuare a salvarti, finirei nei guai – ribattè lui.
-Vieni via con me – proposi allora. Era tanto che volevo dirglielo, ma non avevo avuto molte occasioni di parlargli.
-Non posso – rispose Ace – Lui non mi lascerebbe scappare. Mi troverebbe e me la farebbe pagare. Non posso perderli, Gen. Mi dispiace – disse affranto.
Avrei voluto insistere, dirgli che la Fondazione ci avrebbe dato protezione, che ce la saremmo cavata, ma non ci riuscii. L’unica cosa che seppi fare in quel momento fu cominciare a piangere come una bambina, nonostante fossi più vecchia di ogni persona normale sulla terra. Ace dovette rimanere spiazzato dalla mia reazione, perchè la sua voce si fece insicura e agitata.
-Dai, non fare così – riuscì faticosamente a dire – ti ho anche portato questi – disse porgendomi i miei amuleti. Li presi e lo ringraziai con un cenno. Fu allora che Ace fece l’ultima cosa che mi sarei aspettata facesse. Mi abbracciò. Mi strinse forte, finchè non smisi di piangere. Era impacciato e non sapeva come comportarsi, ma quel gesto mi fu di grande conforto.
-Ti prometto che troverò il modo di fermare Soul, così anche tu potrai finalmente tornare a vivere una vita normale e felice - dissi quando ci separammo.
-Non sono mai stato felice, nemmeno prima di Soul – disse lui mestamente.
-Allora io farò in modo che tu possa esserlo. – ribattei sicura.
Fu veloce come un lampo, così veloce che per un attimo pensai di essermelo immaginato, ma era successo davvero, l’avevo visto. Ace aveva sorriso: una veloce stiratura degli angoli della bocca che aveva dato uno sprazzo di luce al suo viso cupo.
-È ora che tu vada – aveva detto poi – addio, Gen –
-A presto – avevo risposto io prima di muovere i primi passi verso il portale.
- A presto, amica mia – aveva sussurrato Ace a voce bassissima, convinto che io non potessi sentirlo.
Invece io avevo sentito perfettamente, ma decisi di non aggiungere altro, tanto non sarei mai riuscita a farglielo ammettere. Sorrisi a mia volta ed entrai nel portale che mi avrebbe riportato sulla terra, dove con l’aiuto della Fondazione Huntik avrei ripreso la lotta contro la piaga di John Soul, chiamata White Society.